Solitamente le aziende intraprendono la ricerca dopo aver individuato le caratteristiche generali che il candidato dovrà possedere. Durante i colloqui, poi, è possibile che l'azienda si faccia distrarre da altre caratteristiche che il candidato possiede, che non corrispondono a quelle del profilo ricercato e che rischiano di spostare l'attenzione su competenze che in realtà non sono così necessarie per il ruolo. Inserire in organico una persona, senza averla valutata bene durante il colloquio, è quasi certamente fonte di successive difficoltà organizzative e motivazionali. Per selezionare i migliori è necessario rimanere focalizzati sulle informazioni che si vogliono ottenere e non "far guidare" il colloquio al candidato.

Un altro errore tipico si verifica quando vengono poste domande dirette a cui il candidato non può che rispondere compiacendo, del tipo “lei è un individualista o lavora in team?” oppure “sa lavorare sotto pressione, con scadenze e poche informazioni?”. Anche mettere in difficoltà il candidato, pensando “Se se la cava al colloquio, allora ha una buona gestione dello stress” è una pratica che diverse ricerche hanno dimostrato essere inutile e controproducente. Preparare le domande, di sicuro può aiutare, ma bisogna essere in grado di saperle poi porre in modo aperto, senza "suggerire" la risposta al candidato. Fare domande aperte, dando tempo al candidato di pensare e di rispondere, non solo facilita la relazione, ma aiuta chi seleziona ad ottenere maggiori informazioni. Per selezionare, bisogna prima capire.

Spesso non si dedica abbastanza tempo ai colloqui e di conseguenza si incontrano poche persone. La scelta è dunque dettata sia dalla "scarsità di popolazione" intervistata, che talvolta dalla fretta. Per questo motivo si valutano parzialmente le competenze del candidato, affidandosi troppo all’istinto o alla “prima impressione”. La scelta ricade sul candidato più simile alle aspettative, ma non sul migliore: quale reale vantaggio competitivo potrà dare l'inserimento in azienda una persona che non ha le caratteristiche che si stanno cercando?

Durante il colloquio si rischia di soffermarsi troppo sul perché del cambiamento tra un’azienda e l’altra, annuendo in caso di motivazioni oggettive (fallimento dell’azienda) e irrigidendosi se il candidato ha cambiato perché ambiva a qualcosa di più o di diverso, pensando che possa poi accadere una volta inserito in organico. Il curriculum è di certo un buon punto di partenza, ma in questo caso saper ascoltare e porre le domande giuste, fa davvero la differenza, cosa che a volte le aziende per vari motivi non fanno bene. Meglio affidarsi ad una società di ricerca personale, che non rischia di essere emotivamente coivolta ed ha le competenze per condurre con efficacia un colloquio.