Per essere un buon leader, inizia ad essere un buon follower
Un consiglio che viene spesso dato a chi aspira a diventare un dirigente di successo è di assicurarsi di essere…
Un consiglio che viene spesso dato a chi aspira a diventare un dirigente di successo è di assicurarsi di essere considerato un leader e non un seguace. Ciò significa adottare una serie di comportamenti che vengono comunemente associati ad un buon capo, tra i quali mostrare la propria eccezionalità rispetto ai pari. Eppure, non solo ci sono prove limitate a conferma del fatto che i leader siano davvero individui eccezionali, ma anche cercando di dimostrare la loro unicità, gli aspiranti leader possono compromettere la loro stessa capacità di guidare un gruppo.
Senza un gruppo da guidare, la leadership non può esistere
La leadership è un processo che nasce da una relazione tra leader e followership, consapevoli di essere membri dello stesso gruppo sociale. Le persone possono diventare leader di successo se dimostrano di essere parte di un gruppo che condivide valori, preoccupazioni ed esperienze, e se agiscono negli interessi del team. Questa prospettiva permette di individuare un grande difetto presente nella visione comune che si ha del leader. Invece di cercare di distinguersi dai pari, un bravo dirigente dovrebbe provare anzitutto di essere un buon follower.
Come scegliere un buon leader
Kim Peters e Alex Haslam hanno testato questa ipotesi attraverso un'analisi longitudinale della leadership emergente tra 218 reclute dei Royal Marines, che hanno intrapreso il programma di formazione d'élite dopo aver superato una serie di test di idoneità psicologica e fisica. Più specificamente, gli autori hanno esaminato se la capacità delle reclute di essere viste come leader dai loro pari fosse associata alla loro tendenza a considerarsi leader naturali o seguaci. A tale scopo, hanno monitorato l'autoidentificazione delle reclute come leader o seguaci nel corso di un allenamento fisico di fanteria di 32 settimane che li ha preparati alla guerra in una serie di ambienti estremi. Al termine della formazione, i supervisori hanno votato per l'assegnazione della Commando Medal alla recluta che aveva mostrato la maggior capacità di comando. In linea con quanto ipotizzato, le reclute che si consideravano semplici seguaci, sono state valutate come migliori leader per il gruppo. Oltre a questo risultato, è stato scoperto che le reclute che si consideravano leader naturali erano viste dai loro comandanti come dotate di un potenziale di leadership maggiore rispetto alle reclute che si consideravano seguaci. La valutazione della leadership dipende in larga misura dalla posizione in cui si trovano i valutatori. I valutatori che si trovano all'interno del gruppo e che, quindi, possono sperimentare personalmente la capacità dei suoi membri di influenzarsi a vicenda, sembrano riconoscere la leadership di coloro che si considerano seguaci. Al contrario, coloro che stanno al di fuori del gruppo sembrano essere più in sintonia con i candidati che hanno idee comuni e generiche su come dovrebbe essere un leader.
I dati rilevati aiutano a spiegare perché le persone che vengono scelte come leader da gruppi di selezione indipendenti spesso non riescono ad essere effettivamente guide adeguate. Le distanze dal gruppo, prese da coloro che si considerano leader, spesso portano al fallimento. Incoraggiano, infatti, ad innamorarsi della propria immagine e a posizionarsi al di sopra e al di fuori del team. Ciò non solo mette a repentaglio la capacità del leader di condurre, ma soffoca anche la volontà dei dipendenti di seguirlo. Si persegue, così, un percorso verso la mediocrità organizzativa. Citando Warren Bennis: “I buoni leader fanno sentire alle persone di essere nel cuore delle cose, non alla periferia. Ognuno sente di essere quello o quella che fa la differenza nel successo di un’organizzazione. Quando ciò accade le persone si sentono al centro e questo dà significato al loro lavoro”.